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Adnan e Fabio nell’aprile ’92 avevano quasi 19 anni: uno è diventato un veterano dell’assedio di Sarajevo, l’altro no.
Nell’agosto 2025 ho fatto un viaggio di 8 giorni in solitaria ed usando i mezzi pubblici in Bosnia- Erzegovina e Serbia. Anche per via degli spostamenti feci 3 notti in Bosnia e 5 in Serbia, con il senno di poi avrei dovuto dedicare più tempo alla prima che mi è piaciuta molto di più.
Questo sono state le tappe principali:

- Sarajevo (Bosnia- Erzegovina)
- Mostar (Bosnia- Erzegovina)
- Belgrado (Serbia)
- Subotica (Serbia)
- Novi Sad (Serbia)
Questo è l’itinerario sul mio google maps; da Sarajevo e Belgrado andai in aereo, per il resto usai sempre autobus prenotati da casa.
Questi sono gli articoli coi video quasi live che feci durante la mia permanenza in Bosnia.

Sarajevo, una bellissima scoperta
La capitale della Bosnia è piccola, si gira bene a piedi ed è circondata da montagne con fitti boschi, questo fu anche causa delle sofferenze durante il lungo assedio, in cui i cittadini furono facili bersagli dei cecchini Serbi. Passeggiare nel centro è un viaggio nella storia e nella geografia dell’Europa, ciò le consente di essere una delle città più particolari del vecchio continente. Nel quartiere più antico Baščaršija, sembra di essere in Turchia; in pochi passi è come se si arrivasse a Vienna, con gli edifici costruiti durante l’Impero Austro Ungarico e poco dopo ci si trova negli ampi viali con le tipiche costruzioni di paese dell’est comunista. In questa zona si vedono maggiormente i segni della guerra.

Certamente l’antico quartiere Ottomano è quello più bello e vivace; tutto un mercato pieno di locali, ristoranti e anche schisa bar. Nel giro di pochi passi ci sono la Moschea principale; la Chiesa Cattolica, quella Ortodossa e la Moschea. Per secoli i credenti delle varie religioni hanno vissuto in armonia, che la guerra nella ex Jugoslavia fosse di religioni è una balla colossale, come quasi sempre fu una guerra politica e con interessi economici.

Durante questo viaggio ho letto Maschere per un massacro di Paolo Rumiz. È un libro che, oltre a spiegare gli inganni che vennero perpetrati anche nei confronti di noi occidentali, fa riflettere su come la pace non è un bene scontato e che con il potere della propaganda di certe forze economico-politiche, potremmo tornare in pericolo anche noi.


Tour con il veterano dell’assedio di Sarajevo
Adnan, il veterano dell’assedio di Sarajevo che mi fece da guida, spiegò che nessuno si aspettava quello che sarebbe accaduto.
Ho sempre pensato di essere stato fortunato per essere nato nel periodo storico e nel pezzo di mondo più a lungo in pace nella storia dell’umanità. Tra me e Adnan ci divideva il mare Adriatico. All’epoca in Jugoslavia non si viveva male, il regime era meno oppressivo di altri e c’era abbastanza ricchezza. Nei pensieri di Adnan c’erano le serate con gli amici, le discoteche, le ragazze, la musica rock, lo sport, il finire le superiori e l’iscriversi a psicologia. Proprio tutto uguale a me.
Un pomeriggio era in camera, aveva la finestra aperta, la primavera si stava avvicinando. Capì che erano in guerra dagli spari che iniziò a sentire in quel momento. Le prime vittime furono 2 ragazze che stavano manifestando in un corteo per la pace, freddate dai cecchini. I Serbi erano a poche centinaia di metri e ci restarono per quasi 4 anni.
Erano talmente sorpresi che inizialmente la difesa fu affidata ai civili improvvisati e armati con quello che c’era. Adnan si presentò in uno degli uffici del Comune e lo mandarono via perché troppo giovane. Dopo 2 settimane, lo richiamarono. Passò tutto il tempo restante in prima linea. Ci portò dove era posizionato, vicino a dove adesso c’è la funivia che sale dalla città e da cui si vanno a fare le passeggiate o a sciare. Ogni 2/3 giorni andava a casa, e dopo un breve riposo, quando tornava in prima linea, salutava sua mamma come faceva prima della guerra.
Molti suoi compagni sono morti. Ma anche anche da vivi, il ritorno alla vita normale, che non è facile. Lui è riuscito a reagire dopo un po’, ma tanti reduci hanno avuto gravi problemi psicologici.
Il cortometraggio nel museo
Tutta la popolazione ebbe ovviamente la vita stravolta. Mi ha impressionato molto un cortometraggio, molto realistico, che vidi nel museo dell’assedio.

Un ragazzino sollecitato dalla madre va controvoglia a prendere una tanica d’acqua per il pranzo imminente. Deve raggiungere una delle cisterne che sono in strada, facendo attenzione a passare dietro i muri e dietro alle auto carbonizzate. È un po’ avventato e viene anche rimproverato per questo da alcuni militari che sono in una trincea e coi quali lui scherzerebbe.
Ad un certo punto c’è una grande esplosione, tutti quelli in fila alla cisterna scappano. Il ragazzino in quel momento è diventato grande e non lo sa ancora. Torna di corsa a casa saltando crateri e resti di muri anneriti. Inizia a fare le scale piene di fumo, ma viene fermato da un vicino. Il suo appartamento e la sua famiglia: i suoi genitori e il fratellino, non ci sono più.

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