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Il week end a Madrid nell’aprile 2005, in solitaria fu molto esemplificativo della mia esperienza nel viaggiare da ammalati. Fu il mio primo in Spagna. Col senno di poi non è certamente la mia città preferita. Ma se ci sono tornato due volte non mi ha fatto nemmeno schifo, anzi!
Fu una fuga improvvisata in un’annata piena di lavoro. Avevo pochi giorni attorno a Pasqua. In seguito sarebbe diventata un’abitudine il riempire i vuoti del calendario con un viaggino, ma quella fu la prima volta.

La prima volta a Madrid
Rilassandomi, mi ammalai. Niente di grave, ma ebbi per tutto il tempo una leggera febbriciattola e tanta fiacca. Riuscii comunque a vedere le cose essenziali, compreso i musei Prado, Thyssen-Bornemisza e Reina Sofya. Riuscii persino a fare un salto nella vicina Toledo, dove purtroppo era chiuso l’Alcazar.
Fu un viaggio utile per scoprire delle passioni che poi approfondii, tra cui il mio pittore preferito (Francisco Goya) e un tipo di serata che adoro: il passare da un locale all’altro a mangiare tapas! Del pittore spagnolo in particolare apprezzo le opere più cupe, per chi crede di non conoscerle, eccole qui.
Sarà perché ho fatto tanti viaggi, ma mi è capitato diverse volte di trovarmi ammalato, e in Spagna, sia a Madrid che a Barcellona.
All’epoca quasi sempre dormivo negli ostelli, ma fortunatamente avevo prenotato una singola. Fu fondamentale perché contrariamente al mio solito, ci passai abbastanza tempo a letto per ricaricarmi.

Anche in giro feci diverse pause, ma scoprii il piacere di osservare il via vai delle persone che diventa uno spasso in certe circostanze. Ero in una panchina nei giardinetti davanti al palazzo reale. Notai due ragazzi che ghignazzavano alternando lo sguardo ai loro orologi e alle persone stese nel prato. Pareva aspettassero qualcosa di divertente. Ad un certo punto parti l’irrigazione automatica. Quelli stesi vennero inzuppati, si alzarono e iniziarono a correre ovunque. I ragazzi erano piegati in due, per quella scena che intuii si ripetesse quotidianamente alla medesima ora.

Viaggiare da ammalati di tristezza
Poiché questo blog è nato con l’idea di essere super vero e sincero, voglio raccontare anche di com’è il viaggiare da ammalati e in particolare quando si è tristi.

So di un’amica che facendo un viaggio dopo aver chiuso una storia, in compagnia della sua amica pianse tutte le sere, e le fece bene. Nei 3 giorni a Valencia io ero solo, non piansi e francamente non ho capito se mi fece bene o male. Certamente non mi godetti al meglio una città che è molto interessante, però se non altro ogni tanto riuscivo a distrarmi un po’ pensando ad altro.
Nell’ agosto 2012, scelsi una città spagnola proprio per cercare situazioni allegre ma si rivelò tutto abbastanza vano. La città offre tanto da vedere, sia in centro che nel quartiere sul mare dove c’è anche una lunghissima spiaggia oltre all’interessantissimo parco oceanografico. Ma tra una distrazione e l’altra pensavo sempre alla mia bella di cui non avevo notizie da settimane, senza sapere bene il perché e per la quale ero stato malissimo.

Ogni pretesto era buono per farmela pensare, un pomeriggio camminando, mi imbattei in un fiorista che in vetrina aveva proprio i fiori che si chiamavano come lei (non il contrario, eh). Il negozio accanto era probabilmente l’ultimointernet point in cui sono entrato in vita mia, ovviamente lo vidi come un segno del destino. Mi misi a cercare notizie su di lei, che si era cancellata pure da Facebook, ne trovai e proseguii coi miei deliri.

Concludendo, viaggiare quando si è tristi è meglio che niente
Si vede sempre quello che si vuole; è come per le pubblicità delle auto. Io generalmente le trovo terribili e il mio cervello si rifiuta di prestargli attenzione, ma se devi o hai da poco cambiato l’auto, le noti tutte. Si chiama attenzione selettiva.
Se si viaggia sereni e con la mente libera, si notano di più le bellezze del mondo che ci circonda. Comunque, un segnale del fatto che ero sulla via della guarigione fu che almeno apprezzai molto tapas e mangiate varie. Forse proprio lì iniziai a riprendere peso dato che nel culmine della mia crisi, avevo perso 16 kg in pochi mesi di digiuno ed insonnia. Quindi in questi casi è importante andare dove cibo e alcool sono apprezzabili.

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