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I motivi per andare in Repubblica Ceca, per me sono sempre stati tanti. In particolare Praga mi aveva sempre affascinato: per gli eventi storici che vi sono capitati: dalla defestrazione di Praga, episodio che scatenò la guerra dei 30 anni; fino al suicidio Jan Palach e alla Primavera di Praga. Ma anche per le tante ambientazioni letterarie dal Castello di Franz Kafka, al Cimitero di Praga di Umberto Eco.
Ci sono stato 4 volte e sempre in modalità e con compagnia molto diversa. Un paio di volte l’ho abbinata anche ad altre mete vicine o di passaggio. La prima fu nell’ agosto 2001, 8 giorni con amico e auto a noleggio. Questo, fu il nostro itinerario che comprese anche tappe in Slovacchia e Slovenia.

Uscire con un paio di mutande sporche in mano
Nell’estate 2001 mi venne proposto in viaggio itinerante da un collega. Quella esperienza non mi appagò completamente e per tanto tempo ebbi in testa di tornarci nel periodo invernale. Giustamente ero convinto che la città potesse rendere maggiormente la sua aurea di mistero. Pur avendo già fatto dei viaggi, anche in solitaria, all’epoca non ero affamato come in seguito. Da pochissimo lavoravo stabilmente, ma dedicavo soprattutto ad attività con gli amici le mie risorse sia economiche che di tempo. I miei amici erano super pantofolai e accettai senza dubbi la proposta e anche l’itinerario del mio collega, che all’epoca conoscevo poco.
La prima mattina a Praga, il mio collega girò per mezz’ora tenendo in mano un paio di mutande sporche che aveva ridotto molto molto male. Le aveva portate appositamente per usarle un’ultima volta, non doverle lavare e tornare con più spazio in valigia. Mi sentii abbastanza a disagio. In effetti è qualcosa che a volte feci pure io in seguito, magari per viaggi dove davvero serve guadagnare spazio in valigia (eravamo in auto) e soprattutto senza aspettare che l’indumento si riduca in brandelli.

Andare in Repubblica Ceca quindi non solo a Praga
Noleggiammo un’auto dall’Italia, e come veloce tappa intermedia ci fermammo nell’adorabile Cesky Krumlov. A Praga vedemmo un po’ tutto, ma con ritmi molto molto blandi. Soprattutto al mattino si faceva una gran fatica a partire e per me, che in viaggio scalpito per iniziare a vedere e fare (a cominciare dalla colazione), uscire a mezzogiorno è una vera tortura. M’innamorai delle stradine tra la piazza con l’orologio e il ponte Carlo, ma anche dell’ottima birra che allora costava pochissimo e delle taverne rustiche. A proposito di queste mi innamorai anche di due adorabili sorelline canadesi che conobbi l’ultima sera.

Serata con le canadesi, il massimo del mio andare in Repubblica Ceca
I camerieri del locale affollato ci chiesero se potessimo dividere il tavolo con queste due. Fu una delle serate più divertenti della mia vita, resa buffa anche dalle varie incomprensioni che possono nascere quando allo stesso tavolo si parlano quattro lingue: italiano (io e il mio collega); francese (le due canadesi); tedesco (una di loro col mio collega) e inglese (io con loro due).
L’apoteosi venne raggiunta con la traduzione dell’origine latina del mio nome Fabio (della fava/colui che coltiva le fave) in Mr Bean, visto che la fava è parente del fagiolo. Sarei rimasto a Praga con loro, ma la tabella di marcia prevedeva Bratislava. Io ero abbastanza demotivato, e quindi la capitale slovacca non mi piacque (la rivalutai tornandoci anni dopo) ma mi rifeci in parte con una serie di foto sciocche.

La tappa successiva, Portorose, in Slovenia, invece proprio non mi andò giù; il motivo era la super mangiata di pesce a prezzo vantaggioso; niente di paragonabile alle canadesi. All’epoca senza social non era facile tenere i contatti come poi mi è capitato di avere anche con gente molto lontana, quindi non ebbi più loro notizie. Come detto prima,mi piacque tanto girare Praga di sera con poca gente e senza la folla di Italiani chiassosi, che mi restò in testa l’idea di tornarci in inverno, magari con la neve.
Visitare Bratislava e le sue statue

Anni dopo tornai e apprezzai meglio anni dopo Bratislava. In una delle mille volte in cui andai con la mia società di basket al torneo di Vienna, caricai i ragazzi sul pullman lasciandoli ai miei colleghi e ne approfittai per andare nella capitale slovacca.
Anche la prima volta ricordo che mi divertirono le tante statue anche buffe sparse per il centro. Mentre non mi ero soffermato sul bellissimo ponte che sembra un disco volante, che poi ho saputo è unico al mondo nel suo genere.
Questa volta mi piacque molto di più, ed è la dimostrazione che certi posti (ma non solo) piacciono a seconda della condizione in cui li visiti. Nel mio caso devo dire anche che, se sono da solo, quasi sempre vado d’accordo con me stesso; mentre se non ho la compagnia abbastanza affine capita che divento insofferente e non me la godo.
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